L'evoluzione delle forme di carena delle imbarcazioni a vela è stata influenzata nel corso del tempo dalla ricerca continua di maggiori volumi interni.
Lentamente, ma inesorabilmente, abbiamo assistito ad un arretramento del baglio massimo, all'allargamento della poppa ed alla riduzione progressiva degli slanci, fino alla loro scomparsa quasi totale.
Nei progetti degli anni '70 la differenza tra la lunghezza dello scafo e la lunghezza al galleggiamento era ancora importante, mentre invece oggi questi due valori sono molto simili tra loro.
Ma quali sono gli effetti di questi cambi progettuali sul comportamento delle barche in navigazione?
Com'è noto ai più, la lunghezza al galleggiamento di uno scafo dislocante è una misura molto importante, perché determina la velocità critica di un'imbarcazione.
La velocità critica si può intendere come la velocità massima teorica ottenibile. Per superare questa velocità è necessario un incremento di energia molto notevole, tale da consentire il passaggio da andatura dislocante a planante.
Come abbiamo detto sopra, questa velocità critica è determinata solo dalla lunghezza al galleggiamento (dinamica) e si calcola approssimativamente con la seguente formula:
Dove L è la lunghezza al galleggiamento espressa in piedi. Se questa misura fosse espressa in metri il coefficiente moltiplicativo sarebbe circa 2.4 invece di 1.3.
Si potrebbe dunque pensare che uno scafo senza slanci (e dunque con una maggiore lunghezza al galleggiamento a parità di lunghezza scafo) sia più performante di uno scafo con slanci pronunciati: infatti la velocità critica del primo in teoria sarebbe superiore a quella del secondo.
Ma le cose non stanno esattamente così. Infatti, quando la carena dell'imbarcazione con slancio di poppa è in movimento sull'acqua, per effetto dell'onda di dislocamento che si viene a produrre, si ha che la lunghezza al galleggiamento aumenta progressivamente con l'aumentare della velocità, fino a raggiungere la velocità critica.
A questo punto l'onda si troverà esattamente sotto alla poppa e quindi annullerà completamente l'effetto dello slancio.
Ecco quindi che quello che poteva apparire come uno svantaggio in termini prestazionali (minore lunghezza al galleggiamento) in termini reali si rivela invece essere un vantaggio, poiché a velocità basse si traduce in una minore superficie bagnata e quindi una minore resistenza all'avanzamento.
A velocità sostenute e prossime a quella critica, invece, tale differenza viene annullata per il fatto che proprio l'onda di dislocamento contribuisce ad aumentare la lunghezza al galleggiamento e, di conseguenza, la velocità critica.
Per chi volesse approfondire, consiglio la lettura di questa pagina che introduce molto bene ai concetti fisici che determinano il moto di una barca a vela