Il giorno di Natale, dopo pranzo, sono stato da mio cognato Roberto, detto Caligola
Sulla tavola ancora apparecchiata c’era un limone tagliato a metà, ed allora ho mostrato alla mia nipotina che con un limone e due pezzi di metallo si poteva costruire una pila elettrica.
Ve lo ricordate l’esperimento che si faceva alle scuole medie, vero? Si prende un limone, ci si infilano dentro due barrette di metalli diversi e si nota (misurando con un tester) che ai capi di questi due elettrodi di metallo si viene a creare una tensione elettrica, proprio come in una batteria.
Non è questo il luogo dove spiegare il motivo per cui questo avviene, basti sapere che come effetto collaterale di questa produzione di corrente, uno dei due pezzi di metallo inseriti nel limone (detti elettrodi) a poco a poco si consuma. Praticamente si scioglie dentro l’elettrolita, trasformandosi in un sale. L’altro elettrodo invece non subisce evidenti trasformazioni e rimane intatto.
Riassumendo: quando due metalli diversi sono immersi in un elettrolita (= liquido che conduce elettricità e connessi elettricamente fra di loro, si genera un processo elettrochimico che produce una corrente elettrica e provoca anche la corrosione di uno dei due elettrodi: quello composto dal metallo diciamo “meno nobile” (quello con elettronegatività minore. Per visualizzare la tabella delle elettronegatività degli elementi, cliccate sulla figura qui sopra)
Bene, ma che cosa interessa a noi velisti del limone, delle correnti e degli elettrodi?
Ci interessa moltissimo. Infatti l’acqua del mare in cui sono immerse le nostre barche è un ottimo elettrolita (anche meglio del succo di limone) e qualsiasi pezzo di metallo in essa immerso si comporta come un potenziale elettrodo!!!
L’elica in bronzo o in alluminio, la chiglia in ghisa o in piombo, ma anche il piede del sail drive o i passascafi di ottone.
Per il motivo spiegato prima si rischia quindi che i metalli “meno nobili” (quelli meno elettronegativi) possano subire importanti danni da corrosione.
In condizioni normali, se l’impianto elettrico in corrente continua della nostra barca è stato realizzato a regola d’arte, il problema non si dovrebbe verificare in quanto tutte le parti metalliche che sono immerse in acqua non sono mai collegate elettricamente fra di loro e quindi impediscono che ci sia un flusso di corrente (e di conseguenza il fenomeno di corrosione galvanica)
Ma fate attenzione: se vi capita di realizzare dei collegamenti elettrici o delle modifiche all’impianto elettrico della barca, assicuratevi di non unire mai a massa con il polo negativo della batteria parti di metallo a contatto con l’acqua di mare. In questo caso, infatti, la massa comune (il polo negativo della batteria) collegherebbe elettricamente questi metalli diversi tra loro ed immersi nell’acqua salata, creando di fatto le condizioni per l’instaurarsi della corrosione galvanica.
Ricordate: ogni singolo apparecchio elettrico installato a bordo deve avere il polo negativo collegato direttamente alla batteria e mai, dico mai, collegato a massa al blocco del motore, o ad un passascafo o al metallo della chiglia.
Un altro modo di generare le condizioni favorevoli alla corrosione galvanica è quello di lasciare la barca collegata alla presa a 220 Volts della banchina.
Spesso mi capita di vedere barche che sono perennemente collegate alla 220V anche quando non ce ne sarebbe assolutamente bisogno, cioè nei periodi in cui non c’è nessuno a bordo.
Questo è assolutamente da evitare, in quanto è un invito a nozze per la corrosione galvanica. Infatti due barche vicine entrambe collegate alla 220V sono elettricamente collegate tra di loro attraverso il cavo di messa a terra della banchina! Ed ecco quindi che si ripresentano le condizioni favorevoli alla corrosione, elencate prima: metalli diversi immersi in acqua (per esempio la chiglia in ghisa della barca del nostro vicino e la nostra elica in alluminio) elettricamente connessi tra di loro attraverso il cavo comune di messa a terra.
Nel caso dell’esempio qui sopra, la nostra elica in alluminio ne subirebbe le conseguenze negative.
Un ottimo metodo per porre rimedio alla corrosione galvanica quando collegati alla banchina è quello di installare sul circuito a 220 Volts un isolatore galvanico.
Il modo comunemente usato per ridurre al minimo i danni da corrosione prodotti dalle correnti galvaniche è quello di installare nei punti critici dello scafo dei blocchi metallici di zinco, detti anodi sacrificali.
Questi anodi sono di un metallo (lo zinco, appunto) che ha un indice di elettronegatività molto basso e per questo motivo in caso di corrente galvanica sarà questo l’elettrodo che perderà elettroni e quindi si corroderà, salvando in questo modo le altre parti vulnerabili in metallo della nostra barca.
E’ molto importante controllare periodicamente il grado di corrosione degli anodi installati sotto alla linea di galleggiamento e rimpiazzarli con anodi nuovi non appena appaiono consumati. Non dovrebbero mai consumarsi oltre la metà.
Ho visto alcuni armatori collegare un anodo di zinco ad un cavo conduttore in metallo ed immergerlo in acqua, fissando l’estremità del cavo ad una draglia o ad un candeliere. Questo metodo generalmente non funziona, in quanto le draglie ed i candelieri sono fissati sulla falchetta e risultano pertanto isolati dalle altre componenti in metallo della barca (chiglia, motore, ecc.).